San Donà di Piave e il rilancio del centro storico: da City Centre Doctor la ricetta vincente per la rigenerazione a partire dai giovani
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14 February 2017La riqualificazione dei centri storici rappresenta un’esigenza condivisa da numerose piccole e medie realtà urbane italiane, che si collega nella maniera più varie alla differenze di evoluzione storica dei diversi territori.
Nel caso di San Donà di Piave, cittadina di 41mila abitanti in provincia di Venezia, tale necessità si confronta con il passato di una città che nel corso della sua storia ha saputo rinascere dalla totale distruzione seguita alla Prima Guerra Mondiale. Il leggendario Piave è a pochi passi dal centro storico, che con la sua peculiare struttura architettonica rappresenta una possibile attrattiva turistica troppo spesso oscurata dai un turismo completamente diverso che popola in diversi momenti dell’anno la vicina Venezia o la costiera Jesolo. Far rinascere il centro storico non solo in funzione turistica ma per renderlo più vivibile e attrattivo per diverse fasce di residenti è l’obiettivo che si sta portando avanti con la partecipazione a City Centre Doctor, il network Urbact dedicato al rilancio dei centri di piccole e medie dimensioni che vede proprio la cittadina veneta come capofila.
Le sfide
La trasformazione degli spazi vuoti in luoghi della creatività e della conoscenza, l’accompagnamento dei processi di trasformazione dei servizi locali attraverso le nuove tecnologie e la ricostruzione di un nuovo senso di comunità a partire da modelli innovativi di gestione dei beni comuni sono alcune delle sfide che San Donà di Piave sta portando avanti attraverso il coinvolgimento dei principali attori economici e produttivi nel gruppo locale ma soprattutto attraverso una presenza attiva del mondo dei giovani e dell’associazionismo, che stanno guidando un processo di rigenerazione urbana, “da non intendersi solo come fatto fisico ma come processo finalizzato all’integrazione sociale, culturale e funzionale, mediante la formazione di nuove centralità urbane” come sottolinea il consigliere comunale e delegato del sindaco alle attività del Local Group Daniele Terzariol.
Rendere i vuoti urbani luoghi di coesione sociale per produrre nuove economie sul territorio a partire dalla creatività è l’obiettivo che la città punta a raggiungere attraverso la rigenerazione di luoghi simbolo ma abbandonati, come la cisterna posta a poche decine di metri dal Fiume Piave (l’unica struttura che non è stata distrutta durante la Prima Guerra Mondiale) da trasformare con il suo parco in incubatore di innovazione e attrattore culturale, ma anche delle periferie di nuova costruzione. Solo così, secondo l’amministrazione di San Donà di Piave, sarà possibile promuovere innovazione generativa, capace di coniugare talento e creatività in un nuovo paradigma urbano. Ne parliamo con Daniele Terzariol, che ha presentato l’esperienza di San Donà di Piave nel corso della scorsa Summer University di Rotterdam e del Festival del Cambiamento di Rena a Milano lo scorso ottobre.
Perché siete partiti dall’idea di rigenerare i vuoti urbani per creare crescita diffusa?
Il ridisegno partecipato degli spazi vuoti è particolarmente efficace nell'innescare processi rigenerativi di ambiti urbani degradati. Per spazi “vuoti” si intendono sia gli spazi tra gli edifici, di norma luoghi pubblici più facilmente governabili dal Comune, sia gli spazi vuoti dentro gli edifici (immobili inutilizzati che hanno quindi un basso valore immobiliare).
Il “vuoto” urbano deve diventare in primis un luogo di coesione sociale, di produzione di valori culturali, capace così di generare nuovi valori estetici e socio-simbolici e come conseguenza anche valori economici.
Perché i giovani sono un target così importante e in che modo le azioni promosse da CityCentreDoc possono promuovere nuove imprenditorialità e sviluppo urbano partecipato?
Il progetto CityCentreDoctor si innesta all’interno di una più ampia riflessione riguardante i processi di rigenerazione urbana e di animazione partecipata di alcuni luoghi “dimenticati” o sottoutilizzati o di difficile gestione, come le gallerie del centro. Il riutilizzo mira alla creazione di luoghi in cui i giovani trovino riferimenti per il mondo del lavoro. Una fucina di talenti, idee innovative, corsi, start-up aziendali.
L'obiettivo generale è quello di aumentare la competitività e l'attrattività del territorio, con un'attenzione particolare alla coesione sociale, alla diffusione della conoscenza, alla valorizzazione delle piccole produzioni locali che, a San Donà, sono davvero molte ma fanno fatica a emergere a causa dell’attuale situazione socio economica. Questi luoghi, inoltre, non potranno configurarsi come “cattedrali” calate dall’alto o come spazi semplicemente etichettati “d’innovazione” ma necessiteranno di adeguati soggetti che siano driver del cambiamento. Chi meglio dei nuovi imprenditori giovani può favorire questo cambiamento?
Da Rotterdam e dalle altre città europee che state coinvolgendo nel vostro network, quali sono approcci ed esempi positivi che puntate a replicare in città?
Uno dei luoghi che più ci ha convinto è il “Fenix food factory” visitato a Rotterdam, da declinare e calare sulla realtà sandonatese. Una realtà che definisco senza paura “stupenda”: ambienti informali, fermento giovanile all’interno di uno spazio del commercio che promuove la qualità dei prodotti venduti (dalle birre artigianali alle tshirt di design passando per i cibi local e la sicurezza alimentare in termini di requisiti della filiera di rifornimento). Quando l’abbiamo esplorato ci siamo subito resi conto come sia la traduzione reale dei nostri scopi progettuali e come si manifestino al suo interno scintille imprenditoriali che possono poi essere l’innesco di altre esperienze simili nonché del dialogo, per una cittadinanza che vive lo spazio pubblico-privato come un luogo proprio, più che un servizio da sfruttare. Anche l’esperienza dei nostri partner olandesi della città di Heerlen è di buon esempio: un hub tecnologico e di startupper in pieno centro ha rianimato una parte desolata della città contribuendo alla crescita economica ed al fiorire di microaziende con buone chances di sopravvivenza e successo.
La partecipazione a City Centre Doctor sta diventando per San Donà di Piave un’occasione per ripensare le reali sfide del territorio a partire dalla collaborazione con gli abitanti. A fianco alla riqualificazione sociale ed economica delle aree in disuso o parzialmente utilizzate da riqualificare creando spazi per l’impresa sociale o aree espositive, la città sta avviando già nel corso del progetto una serie di interventi capaci di migliorare la vivibilità nel centro storico e la coesione della comunità. Ce ne parla il sindaco Andrea Cereser
In che modo la partecipazione a Urbact sta avendo impatto sul miglioramento del centro storico?
L’aspetto più intrigante riguarda la possibilità di conoscere e attuare le buone prassi realizzate da altre città europee su un tema comune a molte città, come la riqualificazione e il rilancio dei centri storici di dimensioni simili al nostro. Nel corso dei decenni si è verificato prima lo spostamento delle attività produttive verso le periferie,poi si è trasferita la residenza e ora molti anziani si ritrovano da soli, con case grandissime che non riescono a gestire. Inoltre le attività commerciali cercano di riadattarsi a questa nuova situazione e si verifica una loro presenza di ritorno nei centri storici. Bisogna ora interrogarsi come sia possibile davvero rivitalizzare un centro storico con un mix di offerta che si differenzi rispetto a quello che è possibile acquistare anche online ma riproponga il modello dei negozi di vicinato a cui abbinare una programmazione di eventi che riempia gli spazi disponibili nei centri storici.
Qual è il valore aggiunto dello scambio con altre realtà europee realizzato attraverso City Centre Doctor?
Sapere cosa si sta sviluppando sullo stesso tema a livello locale è fondamentale. Allo stesso tempo è importante l’esperienza che stiamo portando avanti con il Local Group, con la collaborazione tra amministrazione comunale e rappresentanti delle diverse organizzazioni che lavorano sul rilancio del centro storico. Organizzeremo un evento sul placemaking ma più in generale sarà molto importante imparare da città che hanno la capacità di organizzare un programma di eventi per rivitalizzare i centri storici. Molti sindaci stanno chiudendo i centri urbani al traffico e sentire conferma a una scelta che abbiamo fatto ci conforta sensibilmente, nonostante le perplessità iniziali dei commercianti. Siamo convinti che sia una scelta necessaria per rendere la nostra città più vivibile.
L’azione del Gruppo locale può costituire un modello valido per la governance locale?
Stiamo muovendo i primi passi su questo, con la divisione delle attività da svolgere sui vari temi che seguiremo, dall’arredo urbano alla mobilità sostenibile. È una prospettiva tutta da esplorare ma che già sta producendo un certo entusiasmo soprattutto tra i giovani. Il taglio specifico legato al tema del progetto offre forti potenzialità di coinvolgimento ulteriore e per questo stiamo pensando di coinvolgere anche altri soggetti attivi sul territorio, come le società sportive.
Quali azioni porterete avanti a partire dal progetto e in che modo ciò inciderà sulla proiezione esterna della città?
Punteremo in maniera decisa sul tema dell’estensione della pedonalizzazione come misura infrastrutturale importante. Sul fronte degli eventi, sulla scorta di quanto visto a Medina del Campo in Spagna, stiamo avviando un confronto forte sulla programmazione culturale e degli eventi a partire dall’utilizzo sperimentale della piattaforma emersa dal progetto We Gov Now, finanziato dal programma Horizon 2020, di cui siamo partner. L’obiettivo è quello di favorire una maggiore conoscenza della programmazione culturale in città in modo che ciascuno possa proporre i propri eventi senza accavallarsi con altre iniziative già programmate ma magari riempiendo i vuoti nel calendario. Entro la fine di febbraio inoltre aprire un Urban center nel cuore della città dove informeremo i cittadini sulle politiche urbane e gli interventi in corso.
Simone d’Antonio
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