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Processi di integrazione a livello locale: Amburgo, Ghent, Amadora, città delle Buone pratiche URBACT

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31 December 2017
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La crisi dell'accoglienza dei rifugiati del 2015-2016 ha messo in evidenza la necessità di modelli europei comuni di accoglienza e inclusione. Per decenni l'Europa ha integrato immigrati e rifugiati, con più o meno successo attraverso diverse procedure. Nella maggior parte dei casi l'integrazione avviene senza avere alcun piano ben definito e senza strutture organizzative.

Pertanto, i comuni in Europa che affrontano direttamente la sfida dell'integrazione hanno risposto alle esigenze di accoglienza con approcci diversi e secondo modelli politici diversi. URBACT ha selezionato alcuni esempi di città che hanno sviluppato modelli di integrazione dei migranti e rifugiati, recentemente premiati come Buona Pratica. Alcune di queste pratiche sono state presentate e discusse all'URBACT City Festival di Tallinn, nell'ottobre 2017, ossia i casi delle città di Amadora, Ghent e Amburgo. Questo documento è il risultato della sessione "migranti e rifugiati" del City Festival, introdotta da K. Tsitslikis, Professore di Diritto dei diritti umani presso l'Università di Macedonia, Salonicco, GR con una panoramica della crisi di accoglienza dei rifugiati in Europa.

Crisi dell'accoglienza dei migranti: una questione europea

La recente crisi di accoglienza segue una narrativa dominante secondo cui le frontiere devono essere protette contro i, dispregiativamente chiamati, "invasori". Dato che  l’Unione Europea è  tenuta a rispettare la Legge internazionale sui rifugiati (http://www.unhcr.org/pages/49da0e466.html), coloro che hanno una base legittima per acquisire lo status di rifugiato hanno il diritto di rimanere. Tuttavia, gradualmente sono state create determinate azioni in modo da diminuire il numero di arrivi e ridurre le persone che potenzialmente sarebbero rimaste.  Un'inversione fondamentale è stata fatta nel quadro di base sui rifugiati, ovvero la revisione sulla protezione per non tornare in un "paese non sicuro." Il valore universale della legge internazionale sui rifugiati ha iniziato a svanire e perdere efficacia finché i rifugiati hanno iniziato ad allontanarsi dal territorio europeo. In questo senso, ogni nozione di sicurezza dei rifugiati al primo contatto con gli stati europei  è evidenziato come un obiettivo politico e normativo per l'Europa stessa, insieme ad un’altra questione emergente, quella della creazione di condizioni abitative e integrazione sociale.
Chiunque prova a rimanere sul territorio di uno Stato si confronta con la questione della legalità (i "senza documenti"), con le condizioni di vita e con le prospettive di integrazione (queste valgono sia per i legali che per i rifugiati "senza documenti"). Le persone senza i documenti “giusti” sono quelli ai quali li è stata respinta la richiesta di asilo o quelli che non hanno mai fatto tale richiesta.

La prevedibilità e la sicurezza della legge, sia per chi accoglie che per i rifugiati, sono minacciate dalla legge e le politiche europee che negli ultimi anni stanno rendendo una “vita difficile” ai nuovi arrivati. 
L'incertezza dei percorsi legali per spostarsi dalla periferia dell'Europa (Italia e Grecia) verso il centro favorisce l'illegalità e la disperazione. Gli schemi di ricongiungimento familiare, di reinsediamento e della ricollocazione sono lenti, con una rata di accettazione molto diversa tra gli stati, senza uno standard comune di selezione.  Dopotutto sono insufficienti per coprire i reali bisogni di coloro che hanno diritto di spostarsi dalla precarietà verso un contesto stabile. Soprattutto la Dichiarazione Comune di marzo 2016 dell’Unione Europea-Turchia  [Commissione europea, accordo UE-Turchia: domande e risposte (http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-16-963_en.htm)] mette in discussione lo stato di diritto e la costruzione dei diritti umani europei. I richiedenti asilo intrappolati nelle isole dell'Egeo orientale (una zona di buffer dell’Unione Europea) dovrebbero essere rinviati in un paese non sicuro, la Turchia. Nell'ambito di una continua temporaneità e incertezza, le città dell'Unione Europea, che sono in prima linea nell'accoglienza, sono invitate ad integrare rifugiati e immigrati. È una missione impossibile?

Le città europee si mobilitano per un migliore benvenuto ai nuovi arrivati

Le città selezionate come buone pratiche URBACT presentano diversi processi di integrazione  a livello locale puntando all’obiettivo di trovare una collocazione giusta per accomodare i rifugiati in città (Amburgo DE), di lottare contro i pregiudizi sui migranti (Amadora PT), di promuovere la solidarietà nella fornitura di servizi pubblici (Ghent BE).

Trovare in modo collettivo un posto giusto per l'accoglienza dei rifugiati ad Amburgo

Durante il picco di afflusso di rifugiati nella città di Amburgo tra il 2015-2016, i cittadini sono stati contrari alla creazione di grandi e disumani centri di accoglienza, favorendo e contribuendo a trovare  alloggi adeguati per i nuovi arrivati.

Il comune si è chiesto se e in che modo l'assegnazione di alloggi per i rifugiati può essere affrontata come una sfida collettiva e di portata cittadina, in cui i cittadini possano assumersi la responsabilità e contribuire ad una soluzione comune.

Come risposta, il comune di Amburgo in collaborazione con l’HaffenCity University Cityscience Lab (https://www.hcu-hamburg.de/en/research/citysciencelab/) ha lanciato un progetto intitolato "Finding Places". Si tratta di un laboratorio dove diversi attori locali interagiscono attorno ad un tavolo virtuale e la mappa della città per discutere sugli spazi pubblici e vacanti e la possibilità di allocare un alloggio. "Ogni partecipante aveva dei blocchi LEGO che poteva appoggiare su un determinato lotto di terreno, in un punto specifico sulla mappa che veniva considerato adatto per i nuovi arrivati, e all’istante sullo schermo comparivano delle informazioni sullo spazio come per esempio, chi era il proprietario, le metrature e informazioni di carattere legale.” (Prof Ziemer, presentazione Tallinn 2017)

La gente parlava di spazi vuoti, inutilizzati o sottoutilizzati che notavano nella loro esperienza quotidiana nella città. Questo approccio è stato fondamentale per raccogliere informazioni non conosciute e migliorare la trasparenza del processo decisionale. Il Prof. Ziemer, responsabile del progetto, ha incoraggiato i partecipanti a pensare all'ubicazione in modo creativo, ad esempio parlare di spazi pubblici in termini di opportunità anziché di restrizioni. Durante i laboratori “Finding places” hanno partecipato circa 400 persone, e dalle 161 aree proposte, 44 sono state considerate adatte a nuove sistemazioni. Il Prof. Ziemer riconosce che, nonostante la pre-elaborazione dei dati, l'argomento è rimasto difficile per i partecipanti non esperti, e questo è stato uno dei motivi per cui questo progetto è stato indirizzato principalmente ai residenti di lingua tedesca. Tuttavia, questo processo ha reso trasparenti le procedure amministrative e le decisioni, contribuendo all "alfabetizzazione politica" della cittadinanza comune, riducendo al contempo i sospetti e promuovendo l'accettazione nella città dei rifugiati.

Demistificare i pregiudizi inespressi sui nuovi arrivati ad Amadora

Diverso è l'approccio della città di Amadora, dove l'integrazione viene affrontata attraverso misure soft per demistificare pregiudizi e stereotipi inespressi verso i nuovi arrivati. Ispirata dalla campagna “anti-rumors” realizzata in Barcellona, la municipalità di Amadora si è impegnata politicamente a lanciare una campagna per "non alimentare la voce".

Ad Amadora la comunità di immigrati conta circa il 10% dei 175.000 abitanti, con 41 diverse nazionalità. Attraverso le indagini condotte da ricercatori (Centro di Investigazione e Intervenzioni Sociali / Instituto Universitario di Lisbona) sono stati mappati i tipi di pregiudizi nei confronti degli immigrati che hanno influito negativamente sulla capacità di integrarsi nelle scuole, nel trovare un lavoro e nell'accedere ad un alloggio adeguato.

Attraverso un effetto “a palla di neve” organizzazioni locali, municipalità, scuole e associazioni culturali si sono riuniti per creare una rete “contro i pregiudizi”: lo scopo della rete è di sensibilizzare i cittadini sugli effetti nocivi dei pregiudizi, attraverso la promozione di workshop, eventi pubblici collettivi, teatro e altri iniziative. Sono stati formati ad-hoc, animatori “contro i pregiudizi” per promuovere questo progetto capillare in ogni ambiente della vita quotidiana dei cittadini di Amadora. Le campagne hanno coinvolto circa 75 organizzazioni e hanno raggiunto circa 2500 persone, ed è ormai un approccio consolidato che la città si sta impegnando a sostenere.

Un accesso più facile alla fornitura di servizi per i rifugiati a Ghent

L'esperienza di Ghent offre ancora un'altra visione dell'integrazione, attraverso la creazione di una struttura di fornitura di servizi che coinvolge impiegati pubblici e volontari.

Durante il grande afflusso di rifugiati nel 2014-2015 in Belgio, Ghent ha creato una Unità Operativa per i rifugiati con l'obiettivo di fornire ai richiedenti asilo e ai rifugiati un accesso più facile ai diritti sociali. Praticamente “l’Unità Operativa” coordina la cooperazione tra i servizi urbani, i servizi pubblici per l'assistenza sociale, le ONG locali ed i volontari. Le aree di azione sono divise in tre gruppi di lavoro per 1. accoglienza, 2. integrazione, 3. volontari e consapevolezza pubblica.

L'approccio consiste nell'iniziare l'integrazione sin dal primo giorno coordinando tutte le azioni necessarie per garantire i bisogni di base in termini di alloggio, salute, istruzione e accesso alle attività culturali e di svago: dal momento in cui i richiedenti asilo arrivano nella città di Ghent, sono messi in contatto con le organizzazioni pertinenti, consentendo all'organizzazione e ai cittadini volontari di conoscere i nuovi arrivati. "Poiché il 60% di loro viene riconosciuto come rifugiato, non c'è bisogno di aspettare che venga presa la decisione sulla loro domanda d'asilo" dice Kathleen Van De Kerckhove, la coordinatrice dell’Unità Operativa dei Rifugiati.

Inoltre, i rifugiati non sono trattati come destinatari passivi di sostegno poiché si impegnano nelle attività della Unità Operativa come volontari o esperti in determinati settori in base alle loro competenze. Di fatto, il successo di questo progetto sta nell'aver creato una struttura collaborativa ed efficiente. Tutti i servizi sono strutturati e forniti avendo alla base una filosofia collaborativa e solidale, dove il volontariato e le iniziative dei cittadini sono fondamentali per raggiungere l'integrazione.

"Oggi questo approccio proattivo all'integrazione non è più considerato eccezionale. Come risultato, nella nostra città ora abbiamo più volontari che lavorano in gruppi locali. In Belgio ci sono altre città impegnate in progetti simili, ma il discorso pubblico è che le persone non vogliono più rifugiati, ne hanno abbastanza, e questo è un aspetto difficile da affrontare". Neelke Vernaillen, comune di Ghent. 

Questi tre brevi esempi mostrano le risposte variegate a livello locale nel processo di integrazione, che dimostrano i suoi limiti soprattutto nella frammentata situazione politica in Europa. Come lo mostra il commento dell'ufficiale del comune di Ghent, anche nelle storie positive, le sfide dell'integrazione sostituiscono le località.

Le buone pratiche delle città non devono essere viste come casi singoli ed isolati. Le loro esperienze devono essere sfruttate per apprendere i successi e le insidie oltre la scala locale. Il collegamento in rete tra le città e l'attività di lobbying per l'integrazione oltre i confini nazionali sono essenziali per soddisfare i principi democratici in Europa e rispettare i principi della legge internazionale dei diritti umani. Ci sono numerose iniziative a livello europeo,  come per esempio  l’Agenda Urbana dell’UE che riguarda l'inclusione dei migranti e rifugiati, che supportano le città nel collegare, apprendere e migliorare i regolamenti dell'UE in relazione all'integrazione dei migranti e dei rifugiati. Come URBACT, sosteniamo e incoraggiamo le città a candidarsi al bando per le Rete di Trasferimento in modo da contribuire a questa sfida.

Articolo scritto da Laura Colini & Kostantinos Tsitselikis