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Rigenerazione urbana e creatività, l’esperienza di Ravenna protagonista in Europa con Creative Spirits

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21 June 2017
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Viaggio tra le esperienze di riuso temporaneo realizzate a Ravenna, punto di partenza dell'azione di rigenerazione creativa del territorio al centro del network URBACT Creative Spirits

Passeggiando per il centro storico di Ravenna, con i tanti turisti che affollano chiese e piazze simbolo della città patrimonio Unesco, è difficile immaginare a poche centinaia di metri una tale quantità di strutture dismesse che testimoniano la rilevanza economica e industriale dell’area portuale di cui la zona della Darsena è la porta d’ingresso. Inizia da qui una Ravenna che non ti aspetti ma che è al centro di una delle più interessanti azioni di rigenerazione urbana che mette gli elementi della creatività e dell’impresa innovativa al centro di un percorso che riposiziona la città sulla mappa dell’innovazione italiana.
L’adesione al network Urbact Creative Spirits, dedicato al ruolo delle imprese creative nei processi di sviluppo urbano, completa un percorso progettuale fondato su un’ampia serie di riusi temporanei di strutture dismesse programmati con stakeholder, innovatori e imprese del territorio: un modello utile anche ad altre città italiane impegnate, sia nell’ambito di Urbact che di altri programmi nazionali come il Piano Periferie, nel riutilizzo di strutture dismesse come base per la creazione di un nuovo sviluppo urbano.
 

 



L’assessore racconta perché il POC Darsena è diventato un elemento centrale per l’intera azione amministrativa della città e base per la riconversione di un pezzo di città che ha subito le conseguenze della dismissione negli ultimi decenni,

Da cosa siete partiti per avviare la riqualificazione della Darsena?
Abbiamo pensato di rendere la zona più attrattiva sin dalla fase di pianificazione. In una zona senza strutture comunali, ad eccezione della nuova sede della Polizia municipale, abbiamo pensato di installarci una serie di spazi innovativi come il coworking Collabora, secondo un sistema di assegnazione degli spazi attraverso bandi annuali ma un ruolo decisivo lo ha avuto il percorso partecipato “La Darsena che vorrei” che a partire dal 2010 ha favorito l’elaborazione e la raccolta di numerose proposte da parte dei cittadini, che sono poi state trasferite nel piano che stiamo attuando. In questo modo abbiamo dato vita a degli usi temporanei, che ora sono previsti anche dalla Legge Urbanistica Regionale in corso di approvazione, attraverso una normativa che ci ha consentito di agevolare le procedure per realizzare il riutilizzo temporaneo di aree con interesse pubblico.
Ad esempio?
L’esperienza di Pop Up Darsena nasce come centro sportivo che ospita una serie di attività, dal beach volley al parkour, molto frequentato dai giovani e capace di costituire un’attrattiva che rende più centrale questa parte della città. Il problema che dobbiamo affrontare è che questi riusi funzionano così bene che se i proprietari dovessero decidere di costruirci su queste aree sarebbe un peccato, anche perché la sistemazione delle aree è andata oltre ogni aspettativa.
In che modo si è sviluppato negli anni il tema dei riusi in città e come sta contribuendo anche a posizionare la vostra esperienza nello scenario europeo disegnato dal network Creative Spirits?
Il tutto nasce da una richiesta che parte da un’idea specifica ma risolve sia il problema sociale che quello legato alla manutenzione dei fabbricati, che nel caso di Ravenna rappresentano archeologie industriali della nostra città. Si tratta di un problema comune ad altre città in Italia e in Europa, come ravvisato anche dal lead expert del nostro network che ha trovato forti similitudini tra l’esperienza di Budapest e quella di Ravenna, con la differenza che nel distretto della capitale ungherese capofila del network si tratta di una darsena fluviale. In altre città, come ad esempio a Rotterdam, nelle aree portuali si è agito per dargli una funzione pubblica, cosa che a Ravenna non è possibile perché la quasi totalità delle strutture dismesse lungo la Darsena sono di proprietà privata.
Quali sono gli obiettivi che vi prefissate di raggiungere con Creative Spirits, in termini di rigenerazione urbana?
Il nostro obiettivo è quello di trovare sistemi e formule che ci permettano di andare a riqualificare queste aree dismesse con soluzioni che superino i limiti che ci hanno ostacolato finora. Senza i grossi finanziamenti del Bando Periferie è oggettivamente impossibile riqualificare queste aree, visto che i costi sarebbero troppo alti da sostenere per i privati, ma siamo certi che esistono altre formule per il riuso di queste zone che possiamo utilizzare. Vogliamo capire come dotare l’area di infrastrutture di base per rendere più sostenibile la sua rigenerazione.

 



Dal collegamento con la stazione e il centro della città fino alla promozione di un sistema di bike sharing che connetta la Darsena al resto delle attrattive turistiche del contesto urbano e regionale, favorendo la connessione con la vicina Marina di Ravenna: sono numerose le azioni che nei prossimi anni avvicineranno ulteriormente la Darsena alla città, risultato anche di un’azione costante di ascolto dei bisogni dei cittadini e delle sperimentazioni effettuate negli ultimi anni.
Quello spazio di un chilometro e mezzo che separa la città dalle industrie dislocate fino al porto secondo un modello di pianificazione ottocentesco, segnato dalla successione tra depositi ed edifici di servizio rispetto alla principale attività economica del territorio, può rappresentare un elemento attorno al quale far ruotare idee e nuove forme di fruibilità da parte dei ravennati che pian piano vanno riappropriandosi di questi spazi, non soltanto in occasione di grandi eventi estivi.
 

 

 



Il merito è anche di esperienze come Pop Up Darsena, che sta favorendo il riuso di una parte della darsena con una serie di strutture temporanee adibiti a spazi sportivi e ricreativi: dal campo di beach volley a punti ristoro, i container diventano un modo per valorizzare un pezzo di terreno che altrimenti sarebbe rimasto deserto e che adesso è invece al centro di importanti investimenti privati. “Abbiamo avviato un’operazione sociale, un gesto d’amore verso la città da parte di imprenditori del settore marittimo-portuale che ora sono contenti di aver fatto un investimento socialmente utile sul porto” spiega l’imprenditore Paolo Monduzzi, raccontando il mix di attività commerciali e sportive che ha favorito il rilancio dell’intera area con questo uso temporaneo, tra cui una stazione mobile di Radio Immaginaria, la radio interamente gestita dagli adolescenti attiva in tutta la regione
 



Far rivivere l’acqua, condurre il mare in città dopo decenni di distanza: un’obiettivo ambizioso che Ravenna può raggiungere anche grazie alla partecipazione a un network che favorisce l’implementazione del piano per la Darsena, che al contempo può alimentarsi dal confronto tra gli stakeholder del territorio e con le strategie di promozione delle imprese culturali e creative come driver di crescita urbana adottate nel resto d’Europa.
Alla realizzazione di infrastrutture primarie si accompagnerà nei prossimi anni un lavoro di mediazione e confronto che intende superare la logica classica del piano di lottizzazione in favore di un percorso partecipato che favorisca l’uso pubblico di queste aree e la sperimentazione di una vasta serie di soluzioni prima di procedere a una destinazione d’uso definitiva per queste aree.
 



Al processo di rigenerazione spaziale si accompagna un rafforzamento degli interventi di inclusione sociale che intendono favorire un dialogo più strutturato fra i residenti di uno dei quartieri più multietnici della città, dove si incontrano una serie di criticità sociali affrontate anche grazie alla forza del tessuto associativo, che ha favorito negli ultimi anni la fruizione di alcuni degli spazi riqualificati. Gli eventi per i giovani organizzati dalla rete Almagià nell’ex magazzino dello zolfo, ristrutturato nel 2004 dal comune, si configurano come una “resistenza artistica” che a partire dal coinvolgimento delle scuole sta rendendo  questo edificio un punto di riferimento per eventi culturali e sportivi.
Dai ragazzi impegnati nel parkour a chi sceglie di fare aperitivo tra i container di Pop Up fino alle scolaresche che in un pomeriggio assolato di fine maggio popolano la piazza del quartiere con le loro esibizioni musicali di fine anno: tutto questo sta contribuendo a rendere la Darsena un hub culturale composito, capace di rendere il variegato panorama culturale e associativo cittadino un elemento di ricchezza per l’intera città, a partire da un luogo sedimentato nella memoria degli abitanti ma che solo negli ultimi anni viene riscoperto in maniera originale e collaborativa.

 

 

 

Simone d’Antonio