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Le città e i beni comuni: le cinque esperienze italiane che guidano il dibattito europeo sugli urban commons

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25 January 2017
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Quello dei commons è un tema che sta interessando sempre più i comuni e le amministrazioni italiane. Sono molte infatti le città, i cittadini e le realtà attive sul territorio che stanno iniziando o che continuano a lavorare sui beni comuni, creando regolamenti e patti di collaborazione o candidandosi a bandi nazionali ed europei sul tema. L’individuazione, la rigenerazione e la gestione sono tra le sfide che deve affrontare chi ha intenzione di prendersi cura di un bene comune, elemento essenziale per il benessere individuale e collettivo.  

Da Milano a Battipaglia, passando per Torino, Genova, Roma e molte altre città i beni comuni sono al centro delle Agende urbane e sono tanti i cittadini attivi che stanno cercando di rigenerarli e di valorizzarli; in questo sono aiutati dalle amministrazioni e dagli esperti, con i vari laboratori e network nati negli ultimi anni in questo settore. La collaborazione è infatti un elemento fondamentale di questo processo oltre ad essere favorita e promossa dall’articolo 118 della Costituzione, dal principio di sussidiarietà, che spinge i cittadini attivi a prendersi cura dei beni comuni e i poteri pubblici a favorire le iniziative di questo tipo.

Le città italiane coinvolte in processi di collaborazione per i commons sono tante e il numero aumenta di pari passo con l’interesse per l’argomento.  Il Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani è stato già adottato da molte di queste, e altrettante amministrazioni hanno avviato l’iter per l’approvazione. 

- Torino è una delle 18 vincitrici del primo bando Urban Innovative Actions (UIA), a cui hanno partecipato oltre 350 città europee. Questo successo è stato possibile grazie al progetto Co-City, realizzato dall’amministrazione in partenariato con l’Università di Torino, ANCI e la Fondazione Cascina Roccafranca. La base di partenza è stata l’approvazione del nuovo regolamento sui beni comuni, con lo scopo di stipulare patti di collaborazione per la riqualificazione di beni immobili e spazi pubblici degradati, affidandoli alla gestione dei cittadini tramite forme di partecipazione attiva.  I commons diventano quindi elemento centrale per nuovi percorsi di sviluppo che puntano a contrastare la povertà e a ricercare senso di comunità nelle aree più difficili della città.

- Bologna, città storicamente più attente ai temi della partecipazione civica, è stata tra le prime a muoversi verso un’attuazione estensiva del Regolamento beni comuni. Il comune ha infatti approvato nel maggio 2014 il regolamento sulle forme di collaborazione tra cittadini e Amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani.

- Battipaglia è un cantiere sperimentale in continua evoluzione. Qui infatti LabGov, Laboratorio per la Governance dei beni comuni (nato nella LUISS Guido Carli di Roma con lo scopo di sperimentare la co-governance dei beni comuni attraverso processi inclusivi e partecipativi di co-progettazione, che coinvolgano le cinque anime della governance), insieme al Gruppo G124 di Renzo Piano (nato con lo scopo di rispondere alle problematiche delle periferie), stanno portando avanti esperimenti di collaborazione per la definizione delle linee guida per il nuovo Piano Urbano Comunale.

- Roma sta sperimentando molteplici azioni di sperimentazione innovativa sul territorio. L’attenzione ai commons è infatti fondamentale sia in chiave di disseminazione nazionale che di realizzazione concreta di azioni. Qui Labsus, insieme a Euricse - European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises e all’Università degli Studi di Trento, ha inaugurato il SIBEC, la prima scuola nazionale per la formazione alla gestione condivisa dei beni comuni. Nei singoli municipi i commons vengono in molti casi valorizzati e rigenerati, come ad esempio a Centocelle (V Municipio), dove LabGov sta aiutando la Comunità per il Parco Pubblico di Centocelle a raggiungere risultati concreti per un bene comune così importante per il quartiere, fornendo un aiuto scientifico e pratico.

- Siena è stato il secondo comune italiano ad aver approvato il regolamento sui beni comuni, a breve distanza dall’approvazione del Consiglio bolognese. Questo è stato realizzato in collaborazione con Labsus, Laboratorio per la sussidiarietà (progetto nato dalla convinzione di fondo che prendersi cura dei luoghi in cui si vive sia fondamentale, dal momento che dalla qualità dei beni comuni materiali e immateriali dipende la qualità della vita), che tra le altre ha sperimentato nella stessa Bologna.

Questi sono solo alcuni casi di città virtuose e di organizzazioni di cittadini attivi che sempre più stanno acquisendo importanza nelle policy italiane. Molte altre ancora stanno procedendo su questa strada. L’approccio ai beni comuni è dinamico e saperlo sfruttare in maniera sapiente sarà la vera chiave innovativa del prossimo futuro.

Alessandro Antonelli