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La nuova Carta di Lipsia spiegata bene: perché il futuro delle nostre città dipende da questo documento

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29 October 2019
Read time: 8 minutes

La serie dei City Lab organizzata dal segretariato del Programma URBACT sta favorendo il confronto tra rappresentanti di istituzioni europee, nazionali e locali, nonché esperti e network tematici, sulla Carta di Lipsia nel quadro dell’articolato processo condotto dalla Presidenza di turno tedesca che assumerà la guida del Consiglio europeo nel secondo semestre del 2020. Di seguito spieghiamo quale impatto può avere sulle politiche urbane nazionali e sull’azione delle città.

Cos’è la Carta di Lipsia?
Come noto, secondo il principio di sussidiarietà le politiche urbane non sono una competenza diretta dell’Unione Europea, riguardando principalmente i livelli nazionali. Tuttavia, negli ultimi venti anni si è consolidata un’attenzione sempre più forte dei governi, e in particolare delle presidenze di turno politicamente più significative, sulle politiche riguardanti le città. Ciò ha condotto alla definizione di una serie di approcci (formalmente condivisi dal Consiglio informale dei ministri delle politiche urbane ma elaborati in costante coordinamento con le altre istituzioni europee) che hanno influenzato in maniera più generale l’approccio dell’Unione europea nei confronti delle città.
Tra le presidenze di turno che hanno offerto un contributo più forte al dibattito figurano quelle di Germania, Francia e Olanda. Nel 2007 la presidenza di turno tedesca definisce con la Carta di Lipsia il principio dello sviluppo urbano integrato, che è alla base di una serie di programmi rivolti alle città (tra cui URBACT e Urban Innovative Actions). Il documento è il risultato di un lungo processo di consultazione con reti nazionali ed europee, istituzioni e organizzazioni internazionali, che hanno condiviso gli orientamenti necessari per rendere le città più coese e inclusive, con particolare attenzione ai quartieri in crisi, ma anche per promuovere la governance multilivello e la partecipazione attiva dei cittadini.
La presidenza di turno francese del Consiglio del 2008 ha affermato il principio-guida della ville durable, città sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale, sulla scia delle indicazioni contenute nella Carta di Lipsia e orientandosi a una sua applicazione con politiche urbane nazionali orientate sul tema della sostenibilità. Tali principi, tradotti in pratica principalmente nelle diverse misure della Politica di coesione in favore dei contesti urbani, sono stati variamente rilanciati dalle diverse presidenze di turno che si sono succedute fino al 2016, quando l’Olanda alla guida del Consiglio Ue ha promosso l’Agenda Urbana Europea come modello di politica urbana declinato in partnership tematiche a cui partecipano governi nazionali, amministrazioni locali e reti europee, elaborando piani d’azione sui temi di maggiore interesse delle città. La definizione dell’Agenda Urbana Europea, formalmente promossa con il Patto di Amsterdam, ha favorito un maggiore raccordo tra i diversi programmi in favore delle città e una razionalizzazione degli strumenti per lo sviluppo urbano sostenibile.

Perché è necessaria una nuova versione della Carta di Lipsia?
Rispetto a dodici anni fa le sfide che affrontano le città europee sono radicalmente cambiate. Temi come la transizione digitale, il cambiamento climatico e le diseguaglianze sociali sono al centro del dibattito e visti sotto una luce completamente diversa da decisori politici e tecnici, che mettono in pratica ogni giorno strategie ed azioni concrete per migliorare la governance di tali fenomeni spesso in collaborazione con i residenti e in stretto contatto con altre realtà urbane nazionali ed europee.
Nel momento in cui giunge a conclusione il negoziato sulla nuova Politica di coesione, un aggiornamento della Carta di Lipsia contribuisce a segnare gli orientamenti delle politiche riguardanti le città per il prossimo decennio, indicando temi e approcci condivisi su cui concentrare l’azione di politiche urbane europee e nazionali, favorendo per la prima volta un raccordo diretto con obiettivi globali come i Sustainable Development Goals. Allo stesso tempo, la presidenza di turno tedesca ha scelto di rafforzare il processo collaborativo di costruzione della Carta, traendo spunto da temi e approcci condivisi da una pluralità di stakeholder, come quelli rappresentati dai City Lab di URBACT ma anche dalle diverse presentazioni internazionali delle prime bozze del documento elaborato dal Ministero federale tedesco dell’Interno

Quali sono gli elementi principali della nuova Carta di Lipsia?
La nuova versione della Carta di Lipsia intende riaffermare il protagonismo delle città nei processi di creazione delle politiche urbane europee e nazionali, evidenziando in che modo le città mettono in pratica i principi di sviluppo urbano sostenibile enunciati da queste politiche.
I valori comuni delle città europee, dalla policentricità dei sistemi urbani fino al design sostenibile e alla democrazia partecipativa, sono gli elementi di fondo che la Carta di Lipsia intende chiarire individuando quattro caratteristiche-chiave della città europea: ecologica, inclusiva e coesa, produttiva e connessa.
L’approccio integrato e place-based, definiti nella prima versione della Carta nel 2007, continuano ad essere i principi-guida dell’intero documento ma l’angolo di visione si allarga dai quartieri disagiati (uno dei temi emersi fortemente dall’asse franco-tedesco sui temi urbani) ad altre dimensioni più ampie, come quelle delle aree funzionali o dell’intero contesto urbano senza distinzioni.
Ai principi della governance multilivello e della partecipazione civica si unisce quello della co-creazione, entrato in maniera forte negli ultimi anni nel lessico delle politiche urbane europee, mettendo così l’accento sulle nuove forme di partecipazione civica, sul co-design e il contrasto alle diseguaglianze nelle città.
Tra gli elementi maggiormente al centro del confronto tra gli attori urbani tedeschi e a livello di confronto ministeriale con altri paesi è il riferimento al bene comune e all’interesse pubblico: introdotto dalla prima versione della nuova Carta di Lipsia, pone l’accento sulla necessità di una governance corretta e sostenibile da parte delle amministrazioni locali che agiscono nell’interesse comune.
La parte conclusiva del documento riguarda gli strumenti di cui hanno bisogno le città per migliorare la propria azione sulle sfide ritenute più urgenti, come l’housing, l’attrattività per le imprese, l’uso del suolo e la sostenibilità ambientale. La Carta di Lipsia chiarisce in maniera forte la necessità di forti politiche urbane nazionali e di finanziamenti certi per lo sviluppo urbano, oltre a rimarcare il ruolo dei programmi europei dedicati alle città per favorire la sperimentazione di azioni e soluzioni innovative.
La connessione tra la Carta di Lipsia e l’Agenda Urbana Europea non è soltanto uno degli auspici rimarcati nel testo ma è il tema al centro di uno specifico documento operativo che sarà approvato contestualmente alla Carta stessa dal Consiglio informale dei ministri per lo sviluppo urbano il 30 novembre e 1 dicembre 2020 a Lipsia: un modo per indicare in maniera chiara quanto il futuro delle politiche urbane dipenderà dalla collaborazione tra livello europeo, nazionale e locale, con una connessione quanto più possibile forte con le risorse della Politica di coesione europea.


Quali approcci stanno emergendo dai City Lab di URBACT?
Le esperienze che le città URBACT stanno conducendo in rete con altre realtà urbane europee e a livello locale con cittadini e stakeholder offrono elementi utili per rinnovare i principi al centro dello sviluppo urbano integrato, che da Lipsia in poi hanno animato il dibattito europeo.
Comprendere a fondo in che modo tali policy “atterrano” e vengono percepite nelle città è la sfida che i City Lab stanno affrontando focalizzandosi ciascuno su un principio diverso tra quelli enunciati dalla Carta di Lipsia nel 2007.
Partecipazione civica, sostenibilità e integrazione sono gli elementi-chiave affrontati rispettivamente negli appuntamenti di Lisbona (settembre 2018), Bruxelles (luglio 2019) e Varsavia (settembre 2019) con un core-group di città che ha esplorato le diverse dimensioni connesse all’attuazione di questi principi nella vita quotidiana delle città.
Ciascun incontro ha fatto emergere dal confronto in gruppi ristretti e in plenaria quelli che sono i principali ostacoli all’implementazione di tali elementi generali ma anche i fattori che in futuro possono facilitarne l’attuazione. Pur focalizzandosi su temi diversi, dai diversi dibattiti stanno emergendo una serie di spunti comuni come la necessità di creare una nuova narrazione dello sviluppo urbano, ristabilire i

Cos’è la Carta di Lipsia?
Come noto, secondo il principio di sussidiarietà le politiche urbane non sono una competenza diretta dell’Unione Europea, riguardando principalmente i livelli nazionali. Tuttavia, negli ultimi venti anni si è consolidata un’attenzione sempre più forte dei governi, e in particolare delle presidenze di turno politicamente più significative, sulle politiche riguardanti le città. Ciò ha condotto alla definizione di una serie di approcci (formalmente condivisi dal Consiglio informale dei ministri delle politiche urbane ma elaborati in costante coordinamento con le altre istituzioni europee) che hanno influenzato in maniera più generale l’approccio dell’Unione europea nei confronti delle città.
Tra le presidenze di turno che hanno offerto un contributo più forte al dibattito figurano quelle di Germania, Francia e Olanda. Nel 2007 la presidenza di turno tedesca definisce con la Carta di Lipsia il principio dello sviluppo urbano integrato, che è alla base di una serie di programmi rivolti alle città (tra cui URBACT e Urban Innovative Actions). Il documento è il risultato di un lungo processo di consultazione con reti nazionali ed europee, istituzioni e organizzazioni internazionali, che hanno condiviso gli orientamenti necessari per rendere le città più coese e inclusiva, con particolare attenzione ai quartieri in crisi, ma anche per promuovere la governance multilivello e la partecipazione attiva dei cittadini.
La presidenza di turno francese del Consiglio del 2008 ha affermato il principio-guida della ville durable, città sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale, sulla scia delle indicazioni contenute nella Carta di Lipsia e orientandosi a una sua applicazione con politiche urbane nazionali orientate sul tema della sostenibilità. Tali principi, tradotti in pratica principalmente nelle diverse misure della Politica di coesione in favore dei contesti urbani, sono stati variamente rilanciati dalle diverse presidenze di turno che si sono succedute fino al 2016, quando l’Olanda alla guida del Consiglio Ue ha promosso l’Agenda Urbana Europea come modello di politica urbana declinato in partnership tematiche a cui partecipano governi nazionali, amministrazioni locali e reti europee, elaborando piani d’azione sui temi di maggiore interesse delle città. La definizione dell’Agenda Urbana Europea, formalmente promossa con il Patto di Amsterdam, ha favorito un maggiore raccordo tra i diversi programmi in favore delle città e una razionalizzazione degli strumenti per lo sviluppo urbano sostenibile.

Perché è necessaria una nuova versione della Carta di Lipsia?
Rispetto a dodici anni fa le sfide che affrontano le città europee sono radicalmente cambiate. Temi come la transizione digitale, il cambiamento climatico e le diseguaglianze sociali sono al centro del dibattito e visti sotto una luce completamente diversa da decisori politici e tecnici, che mettono in pratica ogni giorno strategie ed azioni concrete per migliorare la governance di tali fenomeni spesso in collaborazione con i residenti e in stretto contatto con altre realtà urbane nazionali ed europee.
Nel momento in cui giunge a conclusione il negoziato sulla nuova Politica di coesione, un aggiornamento della Carta di Lipsia contribuisce a segnare gli orientamenti delle politiche riguardanti le città per il prossimo decennio, indicando temi e approcci condivisi su cui concentrare l’azione di politiche urbane europee e nazionali, favorendo per la prima volta un raccordo diretto con obiettivi globali come i Sustainable Development Goals. Allo stesso tempo, la presidenza di turno tedesca ha scelto di rafforzare il processo collaborativo di costruzione della Carta, traendo spunto da temi e approcci condivisi da una pluralità di stakeholder, come quelli rappresentati dai City Lab di URBACT ma anche dalle diverse presentazioni internazionali delle prime bozze del documento elaborato dal Ministero federale tedesco dell’Interno

Quali sono gli elementi principali della nuova Carta di Lipsia?
La nuova versione della Carta di Lipsia intende riaffermare il protagonismo delle città nei processi di creazione delle politiche urbane europee e nazionali, evidenziando in che modo le città mettono in pratica i principi di sviluppo urbano sostenibile enunciati da queste politiche.
I valori comuni delle città europee, dalla policentricità dei sistemi urbani fino al design sostenibile e alla democrazia partecipativa, sono gli elementi di fondo che la Carta di Lipsia intende chiarire individuando quattro caratteristiche-chiave della città europea: ecologica, inclusiva e coesa, produttiva e connessa.
L’approccio integrato e quello place-based, definiti nella prima versione della Carta nel 2007, continuano ad essere i principi-guida dell’intero documento ma l’angolo di visione si allarga dai quartieri disagiati (uno dei temi emersi fortemente dall’asse franco-tedesco sui temi urbani) ad altre dimensioni più ampie, come quelle delle aree funzionali o dell’intero contesto urbano senza distinzioni.
Ai principi della governance multilivello e della partecipazione civica si unisce quello della co-creazione, entrato in maniera forte negli ultimi anni nel lessico delle politiche urbane europee, mettendo così l’accento sulle nuove forme di partecipazione civica, sul co-design e il contrasto alle diseguaglianze nelle città.
Tra gli elementi maggiormente al centro del confronto tra gli attori urbani tedeschi e a livello di confronto ministeriale con altri paesi è il riferimento al bene comune e all’interesse pubblico: introdotto dalla prima versione della nuova Carta di Lipsia, pone l’accento sulla necessità di una governance corretta e sostenibile da parte delle amministrazioni locali che agiscono nell’interesse comune.
La parte conclusiva del documento riguarda gli strumenti di cui hanno bisogno le città per migliorare la propria azione sulle sfide ritenute più urgenti, come l’housing, l’attrattività per le imprese, l’uso del suolo e la sostenibilità ambientale. La Carta di Lipsia chiarisce in maniera forte la necessità di forti politiche urbane nazionali e di finanziamenti certi per lo sviluppo urbano, oltre a rimarcare il ruolo dei programmi europei dedicati alle città per favorire la sperimentazione di azioni e soluzioni innovative.
La connessione tra la Carta di Lipsia e l’Agenda Urbana Europea non è soltanto uno degli auspici rimarcati nel testo ma è il tema al centro di uno specifico documento operativo che sarà approvato contestualmente alla Carta stessa dal Consiglio informale dei ministri per lo sviluppo urbano il 30 novembre e 1 dicembre 2020 a Lipsia: un modo per indicare in maniera chiara quanto il futuro delle politiche urbane dipenderà dalla collaborazione tra livello europeo, nazionale e locale, con una connessione quanto più possibile forte con le risorse della Politica di coesione europea.


Quali approcci stanno emergendo dai City Lab di URBACT?
Le esperienze che le città URBACT stanno conducendo in rete con altre realtà urbane europee e a livello locale con cittadini e stakeholder offrono elementi utili per rinnovare i principi al centro dello sviluppo urbano integrato, che da Lipsia in poi hanno animato il dibattito europeo.

Comprendere a fondo in che modo tali policy “atterrano” e vengono percepite nelle città è la sfida che i City Lab stanno affrontando focalizzandosi ciascuno su un principio diverso tra quelli enunciati dalla Carta di Lipsia nel 2007.
Partecipazione civica, sostenibilità e integrazione sono gli elementi-chiave affrontati rispettivamente negli appuntamenti di Lisbona (settembre 2018), Bruxelles (luglio 2019) e Varsavia (settembre 2019) con un core-group di città che ha esplorato le diverse dimensioni connesse all’attuazione di questi principi nella vita quotidiana delle città.
Ciascun incontro ha fatto emergere dal confronto in gruppi ristretti e in plenaria quelli che sono i principali ostacoli all’implementazione di tali elementi generali ma anche i fattori che in futuro possono facilitarne l’attuazione. Pur focalizzandosi su temi diversi, dai diversi dibattiti stanno emergendo una serie di spunti comuni come la necessità di creare una nuova narrazione dello sviluppo urbano, ristabilire i rapporti di fiducia tra diversi livelli di governo, all’interno delle amministrazioni locali e con i cittadini, relazionarsi in modo nuovo con il settore privato, rafforzare le competenze di amministratori e funzionari per creare politiche integrate.
Il risultato di questo confronto, riassunto nei report tematici disponibili nell’URBACT Knowledge Hub, spinge a superare la visione mainstream di temi come la sostenibilità ambientale, economica o sociale per integrare nella Carta di Lipsia la pluralità di approcci e soluzioni che si stanno adottando sui temi urbani.
I prossimi due City Lab di URBACT saranno dedicati rispettivamente all’equilibrio nello sviluppo territoriale (gennaio 2020 al CITIES Forum di Porto) e a formulare raccomandazioni e output conclusivi per la Carta di Lipsia (primavera 2020 a Berlino).

Quali sono i casi di successo che si ricollegano ai nuovi contenuti della Carta di Lipsia?
I principali spunti emersi dai City Lab provengono dalla comparazione tra diverse esperienze, spesso originate da progetti finanziati da URBACT o Urban Innovative Actions, che dimostrano in pratica quanto lo sviluppo urbano integrato stia evolvendosi verso dimensioni, approcci e pratiche decisamente inattesi una decina d’anni fa.
Sul fronte dell’integrazione, i casi di Barcellona e Utrecht indicano quanto le amministrazioni locali possano testare modalità innovative di fare welfare e contrasto alla povertà urbana, alle diseguaglianze e all’esclusione sociale. L’erogazione del reddito minimo garantito e l’introduzione di una moneta digitale parallela al centro del progetto Bmincome di Barcellona non rappresentano solo sperimentazioni sociali, dei quale sarà possibile analizzare gli effetti nei prossimi anni, ma anche lo spunto ideale per ridefinire i servizi di assistenza alle categorie deboli e di supporto all’inclusione lavorativa: si interviene così in maniera diretta su fattori come la riduzione della trasmissione della povertà tra diverse generazioni e la facilità di accesso ai servizi di cura che rappresentano alcune tra le sfide più significative per la città.
Allo stesso modo a Utrecht l’avvio di attività di inclusione di richiedenti asilo e rifugiati ha coinciso con un miglioramento dei servizi di welfare resi disponibili a tutti gli abitanti, grazie al progetto Refugee Launchpad che ha promosso l’organizzazione di corsi di lingua e di avvio all’imprenditoria sociale aperti alla partecipazione di vecchi e nuovi residenti, rafforzando così la coesione sociale e la creazione di un welfare migliore per tutti.
L’integrazione tra diverse politiche e piani d’azione è l’elemento-chiave anche di alcuni dei progetti che stanno promuovendo una nuova visione della sostenibilità ambientale, come elemento trasversale a una pluralità di funzioni. È il caso di Manchester, che ha mobilitato il settore della cultura e delle arti per collaborare con le organizzazioni attive nel settore ambientale con l’obiettivo di sensibilizzare diverse fasce di popolazione, in particolare quelle più deboli, verso il contrasto al cambiamento climatico. Questa azione si inserisce nel più ampio piano d’azione cittadino, al centro dei due network C-Change e ZZZ guidati dalla città inglese, che punta a dimezzare le emissioni ogni cinque anni fino ad arrivare a zero nel 2038: un’obiettivo ambizioso a cui si collegano la creazione di nuovi posti di lavoro, il miglioramento della salute pubblica e più in generale la crescita dell’economia locale.
Infine, sul fronte della partecipazione civica, l’applicazione di approcci come il Community Led Local Development al rilancio dei quartieri in crisi, come sta facendo Lisbona con il suo originale schema chiamato BIP/ZIP, indica quanto il coinvolgimento attivo di cittadini e stakeholder possa costituire anche un fattore di crescita economica e sociale. Un totale di 67 zone diverse della città sono state interessate negli ultimi anni dalla realizzazione di micro-proposte progettuali finanziate per un massimo di 50mila euro ciascuna, che hanno contribuito a creare nuove imprese sociali, a rendere più sicuri gli spazi pubblici e a migliorare la fruizione da parte di diverse fasce di popolazione. Tale azione, attualmente replicata da un gruppo di città europee partner del network Com.Unity.Lab, si è trasformata in uno schema di partecipazione civica permanente che sta influenza i processi decisionali della città e il modo in cui si investe per il rilancio economico e sociale della città.

Simone d’Antonio


, all’interno delle amministrazioni locali e con i cittadini, relazionarsi in modo nuovo con il settore privato, rafforzare le competenze di amministratori e funzionari per creare politiche integrate.
Il risultato di questo confronto, riassunto nei report tematici disponibili nell’URBACT Knowledge Hub, spinge a superare la visione mainstream di temi come la sostenibilità ambientale, economica o sociale per integrare nella Carta di Lipsia la pluralità di approcci e soluzioni che si stanno adottando sui temi urbani.
I prossimi due City Lab di URBACT saranno dedicati rispettivamente all’equilibrio nello sviluppo territoriale (gennaio 2020 al CITIES Forum di Porto) e a formulare raccomandazioni e output conclusivi per la Carta di Lipsia (primavera 2020 a Berlino).

Quali sono i casi di successo che si ricollegano ai nuovi contenuti della Carta di Lipsia?
I principali spunti emersi dai City Lab provengono dalla comparazione tra diverse esperienze, spesso originate da progetti finanziati da URBACT o Urban Innovative Actions, che dimostrano in pratica quanto lo sviluppo urbano integrato stia evolvendosi verso dimensioni, approcci e pratiche decisamente inattesi una decina d’anni fa.
Sul fronte dell’integrazione, i casi di Barcellona e Utrecht indicano quanto le amministrazioni locali possano testare modalità innovative di fare welfare e contrasto alla povertà urbana, alle diseguaglianze e all’esclusione sociale. L’erogazione del reddito minimo garantito e l’introduzione di una moneta digitale parallela al centro del progetto Bmincome di Barcellona non rappresentano solo sperimentazioni sociali, dei quale sarà possibile analizzare gli effetti nei prossimi anni, ma anche lo spunto ideale per ridefinire i servizi di assistenza alle categorie deboli e di supporto all’inclusione lavorativa: si interviene così in maniera diretta su fattori come la riduzione della trasmissione della povertà tra diverse generazioni e la facilità di accesso ai servizi di cura che rappresentano alcune tra le sfide più significative per la città.
Allo stesso modo a Utrecht l’avvio di attività di inclusione di richiedenti asilo e rifugiati ha coinciso con un miglioramento dei servizi di welfare resi disponibili a tutti gli abitanti, grazie al progetto Refugee Launchpad che ha promosso l’organizzazione di corsi di lingua e di avvio all’imprenditoria sociale aperti alla partecipazione di vecchi e nuovi residenti, rafforzando così la coesione sociale e la creazione di un welfare migliore per tutti.
L’integrazione tra diverse politiche e piani d’azione è l’elemento-chiave anche di alcuni dei progetti che stanno promuovendo una nuova visione della sostenibilità ambientale, come elemento trasversale a una pluralità di funzioni. È il caso di Manchester, che ha mobilitato il settore della cultura e delle arti per collaborare con le organizzazioni attive nel settore ambientale con l’obiettivo di sensibilizzare diverse fasce di popolazione, in particolare quelle più deboli, verso il contrasto al cambiamento climatico. Questa azione si inserisce nel più ampio piano d’azione cittadino, al centro dei due network C-Change e ZZZ guidati dalla città inglese, che punta a dimezzare le emissioni ogni cinque anni fino ad arrivare a zero nel 2038: un’obiettivo ambizioso a cui si collegano la creazione di nuovi posti di lavoro, il miglioramento della salute pubblica e più in generale la crescita dell’economia locale.
Infine, sul fronte della partecipazione civica, l’applicazione di approcci come il Community Led Local Development al rilancio dei quartieri in crisi, come sta facendo Lisbona con il suo originale schema chiamato BIP/ZIP, indica quanto il coinvolgimento attivo di cittadini e stakeholder possa costituire anche un fattore di crescita economica e sociale. Un totale di 67 zone diverse della città sono state interessate negli ultimi anni dalla realizzazione di micro-proposte progettuali finanziate per un massimo di 50mila euro ciascuna, che hanno contribuito a creare nuove imprese sociali, a rendere più sicuri gli spazi pubblici e a migliorare la fruizione da parte di diverse fasce di popolazione. Tale azione, attualmente replicata da un gruppo di città europee partner del network Com.Unity.Lab, si è trasformata in uno schema di partecipazione civica permanente che sta influenza i processi decisionali della città e il modo in cui si investe per il rilancio economico e sociale della città.

Simone d’Antonio