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Il cittadino-sindaco: la partecipazione civica nell'innovazione sociale

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18 May 2016
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Il tema dell’ Eurocities Social Forum che si è svolto a Nantes il 16 marzo scorso è stato il coinvolgimento dei cittadini nell’innovazione sociale. Le città stanno ora “guidando” l’Europa nell’innovazione sociale in una varietà di campi dalla salute all’assistenza fino all’integrazione dei migranti. Il messaggio della conferenza è stato che per le città deve cambiare il modo di impegnarsi con i cittadini e in particolare deve cambiare la cultura interna all’amministrazione. 

L’incontro ha riportato molti esempi europei incluso il caso studio di Urbact su Amersfoort, ma forse quello che maggiormente ha trasmesso ispirazione è stato un caso non europeo. Seoul è ampiamente riconosciuta per essere la città più socialmente innovativa nel mondo grazie alla leadership dell’ex attivista cittadino Wonsoon Park, ora al suo secondo mandato (vedi anche il nostro precedente post qui). Dopo essersi fatto un nome come avvocato dei diritti umani nel 1980 Mr Parg ha costituito nel 2002 l’Istituto Hope, come impresa sociale per lavorare a migliorare le condizioni della città. Nel 2011 è stato eletto come indipendente dopo una campagna che ha messo insieme social media e riunioni del municipio della città nelle quali i cittadini potevano avanzare le loro proprie proposte.

Il suo mantra è che il cittadino è il sindaco. Egli ha tratto questa convinzione da una serie di politiche radicali che hanno creato due modalità di dialogo tra il consiglio della città e i 10 milioni di cittadini. I cittadini sono diventati assistenti del sindaco per un giorno così da poter vedere dall’interno come lavora il consiglio della città. Quando c’è una questione di “maggiore importanza”, Mr Park porta il consiglio della città nel distretto e resta là fino a che il problema non è risolto. Finora l'ufficio mobile del sindaco è stato utilizzato 19 volte e si è accreditato risolvendo alcuni dei problemi più complessi della città..

Seoul inoltre viene considerata come la principale città digitale al mondo. Infatti, è possibile ottenere una connessione wi-fi lenta, ma gratuita in ogni parte della città, gli smartphones sono molto diffusi e sono disponibili migliaia di hot spot gratuiti. Una dozzina di siti web provvedono a soddisfare esigenze specifiche, dalla risposta di emergenza per le tempeste o per terrorismo a politiche future per il crowd-sourcing.

Il loro approccio alla partecipazione va in profondità. Un panel di cittadini scelti “a caso” esprime consigli su un bilancio annuale di 20 milioni di won . Seicento sale riunioni del consiglio sono state aperte per ventimila riunioni cittadine. Se tutto procederà come pianificato, per il 2030 la città avrà ridotto le emissioni di carbonio di 20 milioni di tonnellate e in particolare nell’aria si avrà una riduzione del 40%. Sono stati creati nuovi spazi verdi inclusa una versione del New York’s High Line su una precedente autostrada urbana.

La città di Seoul anche considerata una delle principali città per la condivisione, “sharing city”, con centinaia di iniziative di condivisione di piccola scala guidate dai cittadini stessi così da poter condividere una stanza per un’intervista, condividere un libro in un condominio, o se sei uno studente condividere un appartamento con una persona anziana. Ogni iniziativa di condivisione cerca di portare elementi di reciprocità, di comunità e di attività per rafforzare la coesione sociale. I cittadini a Seoul soffrono di stress, di isolamento e di ansia come in ogni altra città. Attraverso la Corea del Sud nel suo complesso, i tassi di suicidio sono i secondi più elevati nel mondo con povertà giovanile e stress tra persone giovani come principali elementi scatenanti. La condivisione è vista come una maniera di riconnettere tra loro i cittadini anche per costruire comunità più resilienti.

L’Amministazione a Seoul è rigida e difficilmente incline al cambiamento come lo sono le nostre amministrazioni nelle città europee. Vi sono difficoltà in termini di eccessiva rigidità tra dipartimenti,, burocrazia e mancanza di integrazione. Il focus principale è stata l’enfasi rispetto al cambiare la cultura interna delle 17.000 persone impiegate nell’amministrazione e organizzate in 30 dipartimenti. Hanno sviluppato un nuovo approccio di policy chiamato: ”Cheong Chek” o politica dall’ascolto.

Durante l’incontro si è discusso anche di come le città europee stanno sviluppando nuove soluzioni. Tunn sta costruendo un approccio ecosistemico per l’innovazione sociale e alla fine del 2015 ha aperto il Centro per l’Open Innovation.

E’ stata poi presentata una serie di buone pratiche provenienti da Nantes. Queste includevano un centro rifugiati ospitante 70 persone tra la quali famiglie con bambini. Il centro fornisce supporto a queste famiglie, inclusi servizi psicologici per aiutare coloro che sono stati traumatizzati nel loro Paesi di origine.

Fuori o dentro?

La mia sensazione dopo questo meeting è che la principale questione che le città devono affrontare è come contribuire a costituire e forse a come organizzare ecosistemi di innovazione sociale. Lo possono fare: “Dal di fuori”, ovvero le città si affidano a organizzazioni esterne per perseguire le proprie ambizioni di innovazione sociale, tipicamente finanziando una serie di istituti indipendenti che si trovano in città. Questo approccio può includere spazi di co-working, laboratori, centri, incubatori e strumenti finanziari o il nuovo Social Innovation Factory. Oppure lo possono fare: “dall’interno”, creando un’unità interna all’amministrazione dedicata all’innovazione. Seoul è una città di grandi dimensioni e ha fatto entrambe le cose, costituendo una grande unità interna all’amministrazione, ma promuovendo anche considerevoli investimenti su attori indipendenti della città che lavorano nei parchi di innovazione sociale. Forse il mix dei due approcci può rappresentare la risposta migliore.

Altri esempi europei presenti al meeting.

Anderlecht a Bruxelles ospita la Social Innovation Factory che è stata recentemente lanciata, come tipologia di acceleratore che lavora nelle Fiandre e che utilizza una “valuta” virtuale per i pagamenti dei servizi di innovazione sociale.

Tra le città URBACT, Gdanks e Parigi stanno portando avanti esercizi di bilancio partecipato. Gdans è capofila e Parigi è partner del nuovo network Boost Inno. Genova inoltre sta lavorando sul collegamento dei propri social media con i cittadini e sta guidando il network Urbact Interactive Cities sul medesimo tema. Eindhoven, uno degli esempi di città leader negli approcci di triplice e quadruplice elica, sta lavorando alla partecipazione dei cittadini nel design dei servizi con altri partner nel network: Change!

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