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Fai un respiro profondo (o meglio di no)

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01 March 2018
Read time: 3 minutes

In che modo le città Europee stanno combattendo l’inquinamento atmosferico?

Nel novembre 2017 l’Agenzia Europea dell’Ambiente ha lanciato l’indice europeo della qualità dell’aria mostrando in tempo reale la qualità dell’aria respirata dai cittadini dell’UE. Indipendentemente da dove vivi, questa potrebbe non essere la tua mappa preferita. L’inquinamento atmosferico non è un nuovo problema e influisce negativamente su ognuno di noi. Ci sono motivi per essere ottimisti?

I costi dell’aria inquinata

Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’inquinamento dell’aria interna ed esterna è responsabile di 6.5 milioni di morti a livello globale. Questo è 1 motivo su 9 dei decessi totali su scala globale e più della metà della popolazione del Belgio, ogni anno. Donne, bambini e anziani sono particolarmente vulnerabili ai problemi di salute relativi all’aria sporca. Nel marzo del 2017 l’OMS ha annunciato che, a livello globale, più di 1 bambino su 4 è morto avendo meno di 5 anni e questo può essere attribuito ai rischi ambientali, essendo l’inquinamento atmosferico il più dannoso.

Anche se nessuna città Europea è tra le prime 20 città del mondo secondo i valori medi annuali del particolare fine (le città indiane sono posizionate a metà di questa lista), ci sono luoghi in Europa dove il monitoraggio della qualità dell’aria è la prima app che controlli prima di uscire di casa. L’inquinamento dell’aria è, tra le cause ambientali, il numero uno per le morti premature nell’Unione Europea, con il numero di vittime che raggiunge 400.000 persone ogni anno (più di tutta la popolazione della città di Bologna).

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) stima che intorno al 90% di coloro che vivono in città europee sono esposti a livelli di inquinamento atmosferico considerato dannoso per la salute. La Commissione Europea calcola che questo rappresenta un costo per l’economia EU pari a 4 miliardi di euro all’anno in costi di assistenza sanitaria e ulteriori 16 miliardi di euro in termini di tempo di lavoro persi. Per considerare questi costi in prospettiva, il bilancio totale del programma Horizon2020 è di 80 miliardi di euro.

I problemi di salute non sono l’unico prezzo che paghiamo per vivere con l’aria inquinata. L’eccessiva concentrazione di alcuni fattori inquinanti può essere dannoso per l’ambiente, poiché influisce negativamente sulla qualità dell’acqua e del suolo. L’inquinamento atmosferico si intreccia con il cambiamento climatico, chiedendo politiche integrate che affrontino contemporaneamente entrambe le questioni (ad esempio l’introduzione di veicoli elettrici alimentati con energia rinnovabile).

La dura battaglia per il diritto al respiro

Il problema con l’aria inquinata è risaputo da tanto tempo ma siamo lontani dal risolverlo. Infatti, gli standard della qualità dell’aria EU sono in vigore da oltre 20 anni e ancora 130 città Europee lottano per rispettare i limiti attuali. Vi sono anche 30 casi di infrazione in corso, contro 20 su 28 Stati membri l’Unione Europea per eccedere i livelli inquinanti.

Gli instancabili sforzi dei gruppi di cittadini, ad esempio Cracow Smog Alert, e l organizzazioni (specialmente Client Earth che hanno attuato azioni legali contro molti governai nazionali e locali), insieme alla ricerca di una nuova opportunità di business (ad esempio le competizioni come Smogathon) e gli scandali riguardanti l’industria automobilistica come il famoso Dieselegate, stanno lentamente cambiando la marea. La battaglia per l’aria pulita sta finalmente ottenendo il riconoscimento politico che merita?

Nei mesi recenti si è visto un numero di iniziative stimolanti su questo argomento, con due giganti Europei come Parigi e Londra che hanno preso il comando (o almeno i riflettori) e molte altre città che seguono il loro esempio. Sia Anne Hidalgo, il sindaco di Parigi che Sadiq Khan, il sindaco di Londra, hanno aderito alla dichiarazione sulle strade senza combustibile fossile promossa da C40, allo stesso modo altre 10 grandi città, tra cui Copenaghen, Barcellona e Milano. I firmatari, memori della connessione tra la qualità dell’aria e cambiamento climatico, si impegnato a procurarsi solo autobus a zero emissioni dal 2025 e garantendo che un’area principale della propria città sia a emissioni zero entro il 2030.

Parigi e Londra: tante carote, pochi bastoni

Per Parigi, rispettare gli impegni di cui sopra significherebbe aggiungere 21 giorni all’aspettativa di vita media di ogni residente evitando 400 morti premature all’anno. Non c’è da meravigliarsi che la città sia desiderosa di fare ciò, con diverse misure già in atto. Una delle più interessanti è Utilib, un servizio di car-sharing per professionisti (ad esempio proprietari di piccole imprese, fornitori di servizi, operatori di consegna, ecc.) basato su una flotta di 100 veicoli elettrici con più di 250 kg di capacità. Altre misure si basano sull’aumento del numero di aree pedonali (ad esempio le sponde del fiume Senna), sul miglioramento delle infrastrutture per camminare e andare in bicicletta, così come divieti sui veicoli più inquinanti. Accreditato con l’ambizione di costruire una città post-auto (almeno quando si tratta di un’auto a combustibile fossile di proprietà privata), Anne Hidago afferma che “sfide senza precedenti come l’inquinamento atmosferico richiedono un’azione senza precedenti, queste politiche sono basate sull’urgenza sia della crisi sanitaria sia della crisi climatica che stiamo affrontando” e aggiunge che i risultati parleranno da soli, garantendo un sostegno politico continuo.

Londra si sta inserendo con un numero di misure ambiziose introdotte nel 2017 e altre in arrivo. I più notevoli concernano l’aggiunta di regolamenti di accesso per la maggior parte dei veicoli inquinanti, prima con l’introduzione di costi aggiuntivi e poi con restrizioni di accesso. Il cosiddetto T-charge, introdotto ad ottobre del 2017, è un sovrapprezzo da pagare per i veicoli che non rispettano gli standard di Euro4, in aggiunta alla tassa di congestione applicata a tutti i veicoli che entrano nel centro di Londra. La T-charge è il primo passo fatto per introdurre Ultra Low Emission Zone (ULEZ) pianificata per aprile 2019, che potrebbe chiudere il centro di Londra per tutti i veicoli che non rispettano gli standard fissati, includendo anche i veicoli da servizio come ambulanze, i autopompe o i veicoli per i rifiuti. La città sta attualmente consultando le proposte di estendere l’area coperta da ULEZ e introdurre standard più severi per altre zone a bassa emissione nella città. Come parte della rete URBACT FreightTAILS, Londra sta anche lavorando per limitare l’impatto ambientale dei movimenti di merci, ad esempio offrendo alle aziende locali uno strumento online gratuito per supportare l’efficienza delle consegne.

Parigi e Londra si sono anche unite nella creazione di un nuovo programma per monitorare l’emissione dei veicoli, un forte voto contro gli attuali schemi di etichettatura dell’UE che cercano di raccogliere i dati in tempo reale. In accordo con Khan, “questo nuovo programma metterà fine al “fumo e specchi” che è stato impiegato e fornisce a londinesi e parigini una valutazione onesta, accurata e indipendente delle emissioni dei veicoli sulla nostra strada”.

Possiamo fare di più?

Come per la maggior parte dei problemi ambientali, la domanda è: qual è il giusto mix tra carote e bastoncini? L’introduzione di divieti sulla maggior parte dei veicoli inquinanti o degli impianti di riscaldamento è una richiesta popolare ma quando viene fatta troppo in fretta, senza ulteriori misure di supporto, potrebbe ritorcersi in modo sproporzionato colpendo i gruppi economicamente più deboli. La creazione di nuove aree pedonali può generare proteste da parte dei cittadini e dei proprietari di imprese allo stesso modo, se non preceduto da consultazioni ben organizzate nella fase inziale del processo. Queste sono solo domande locali ma certamente la questione è molto più complicata, con regolamenti nazionali ed Europei, meccanismi finanziari, potenti interessi acquisiti (ad esempio, nel settore automobilistico o energetico) e – per ultimo ma non meno importante – le nostre scelte quotidiane. Sarebbe interessante vedere più processi di governance partecipativa focalizzati sulle soluzioni di qualità dell’area, ad esempio: seguendo la metodologia dei panel dei cittadini, come nel caso di Gdansk.

Il problema della qualità dell’aria è anche affrontata tra i vari argomenti del processo dell’Agenda urbana dell’Unione europea, con il partenariato guidato dall’Olanda. Urbact ha aderito al partenariato come osservatore, focalizzandosi in particolare sull’impegno dei cittadini e sull’approccio integrato.

Nel novembre 2017 la partnership Air Quality ha pubblicato il suo piano di azione, con sei azioni collaborative riguardanti la regolamentazione e l’implementazione, i finanziamenti e le conoscenze. Tutte le città sono invitate a entrare in contatto con la partnership e a contribuire con la loro esperienza, in particolare per quanto riguarda le sfide e le migliori pratiche relative al finanziamento, al coinvolgimento dei cittadini e alla governance multilivello.

Quindi le maschere antiinquinamento saranno gli accessori di moda più popolari del 2018 o troveremo un modo migliore per rimanere in salute?