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Cinque modi infallibili per rilanciare i piccoli centri storici

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13 July 2018
Read time: 4 minutes

Le piccole città come laboratorio di soluzioni per rendere le città più vivibili e contrastare lo spopolamento dei centri periferici: le cinque soluzioni elaborate da City Centre Doctor e dagli altri network riguardanti le piccole città

Venendo da una grande città, l’aspetto che colpisce di più quando si arriva di mattina in un piccolo o medio centro è il silenzio, l’attività rallentata rispetto a quella sinfonia di clacson, autobus e rumori che caratterizzano in maniera incessante il sottofondo di una giornata trascorsa in un contesto urbano di dimensioni maggiori. È esattamente questa sensazione a colpire maggiormente quando si visita tante delle città partner dei network URBACT e in particolare di quelle reti che affrontano il tema del rilancio dei piccoli centri storici, come City Centre Doctor che ha rappresentato negli ultimi anni una delle principali arene di confronto per piccoli e medi comuni europei impegnati a trovare soluzioni comuni a una pluralità di temi che si intersecano per disegnare le piccole città vivibili del futuro.
Dalla cura dell’ambiente alla promozione del turismo, dalla rivitalizzazione degli spazi urbani alla crescita economica: sono tanti gli elementi richiamati dall’azione su quella tipologia di centri che ha avvertito in maniera più forte i segni della crisi e affronta ogni giorno i rischi di spopolamento e perdita di centralità nelle strategie di crescita territoriali.
Rispetto alle vicine Treviso o Venezia, San Donà di Piave con i suoi 40mila abitanti ha le dimensioni giuste per poter sperimentare modalità condivise di recupero degli spazi e agire sul fronte della qualità urbana, ovvero di spazi in cui testare nuove forme e modalità di innovazione e partecipazione. Non è un caso forse che questo comune sia il primo in Italia ad aver varato un assessorato alla Rigenerazione urbana partecipata con menzione chiara dell'URBACT Local Group come strumento di lungo periodo per rendere le metodologie collaborative promosse dal programma europeo parte dell’azione regolare del Comune.
 

 


Come ovvio, è più facile rilanciare l’attenzione su questi temi in centri piccoli dove la coesione sociale è più forte e l’azione di un governo locale può essere più incisiva per ridare vitalità a spazi di socialità attorno a cui ricreare un nuovo spirito di comunità. Tuttavia è proprio dai piccoli centri che possono arrivare indicazioni importanti su come ripensare i centri delle città per renderli più vivibili e inclusive, con lezioni valide anche per contesti urbani di dimensioni maggiori.
Dalla conferenza finale di City Centre Doctor e dalle attività di diffusione dei risultati di questo ed altri network riguardanti il tema dei piccoli centri arrivano soluzioni e spunti di riflessione che potranno animare il dibattito nazionale ed europeo sull’attuazione delle Agende Urbane europee e globali oltre che della definizione della nuova politica di coesione europea.

1) Pensa a cosa vuoi fare dello spazio urbano se vuoi rivitalizzare un centro storico

Molti centri percepiscono il poter utilizzare gli spazi vuoti di una città per farne un parcheggio ma l’esperienza di città come Amsterdam, Utrecht e Copenaghen insegna che la riduzione degli spazi destinati alle macchine può contribuire in maniera decisiva a rendere una città più vibrante e vivibile.
Utilizzare i grandi spazi come le piazze per una molteplicità di funzioni è la modalità ideale per ridare vivacità a una città, piccola o grande che sia, anche magari prevedendone utilizzi originali: un parco giochi, una spiaggia urbana, un luogo per installazioni artistiche, per fare yoga o musica per i più giovani.
I piccoli centri sono quelli in cui è possibile ritornare al concetto di piazza e arricchirla di nuove modalità d’uso. Lo stesso vale per le strade, che nei quartieri delle città belghe di trasformano in mercatini a cielo aperto in occasione delle feste di quartiere o che a Medina del Campo (Spagna) vengono restituite ai cittadini per poter pedalare, camminare, incontrarsi o mangiare assieme. Non si tratta soltanto di agire sul fronte della pedonalizzazione ma di renderle più belle e attrattive: ricoprendole di marmo, come in Portogallo, o di opere di street art come a San Francisco o a Quito con un’opera di urbanismo tattico realizzata in occasione di Habitat III.

2) Non saranno i grandi negozi a salvare i centri storici ma il piccolo commercio di qualità

Portare Primark o McDonald in un piccolo centro può renderlo più attrattivo? Non proprio, soprattutto se si pensa alla sostenibilità economica e sociale dell’intera operazione. Creare le condizioni per rendere i centri storici la giusta cornice in cui far crescere il commercio di qualità, capace di portare creatività e valore nei piccoli centri, è invece la strategia da seguire a partire da una ridefinizione degli spazi pubblici da rendere vivibili, pedonabili e attraenti. Heerlen ci ha provato con opere di street art diffuse, che hanno reso la cittadina olandese un museo di arte urbana a cielo aperto (premiato come buona pratica dal programma URBACT) ma non basta. Sperimentare nuovi sistemi di regole per favorire l’imprenditoria creativa, ad esempio rendendo possibile l’apertura di negozi temporanei o incentivando i giovani ad aprire nuove attività commerciali con specifiche azioni di formazione e l’esenzione dal pagamento delle tasse locali per due anni, sono alcuni elementi delle strategie che ha stanno rivitalizzando città come in Belgio o in Irlanda, con programmi come lo Streetwise programme o l’iniziativa Pop up to Date di Anversa (anch’essa buona pratica URBACT). Numerosi piccoli centri stanno puntando anche sul mantenimento dei negozi di prossimità e sulla valorizzazione di attività come birrerie artigianali e bar con dehors che puntano sulla qualità e l’uso ragionato degli spazi pubblici, capaci di dare agli abitanti la percezione di un posto attrattivo e vivibile. “Un posto deve essere cool ma crei la coolness solo se crei spazi pubblici migliori e supporti in maniera adeguata il lavoro degli imprenditori” commenta Wessel Badenhorst, lead expert di City Centre Doctor.

3) Sbattere le auto fuori dai centri storici per renderli più vivibili

I piccoli centri sono quelli dove puoi vedere ancora i bambini girare in bicicletta su un marciapiede ma dove spesso i residenti sono dipendenti dalle automobili per poter accedere ai servizi di primaria importanza. Non c’è dubbio sul fatto che quanto più le auto restano fuori dai centri cittadini, più questi ultimi diventano interessanti e attrattivi. Il tema della mobilità nei piccoli centri ovviamente non riguarda soltanto gli spostamenti privati ma anche il sistema di trasporto delle merci, in particolare nel momento storico attuale in cui sono i camion dei corrieri a farla da padrone e a rivoluzionare il modo di acquistare e fare la spesa anche nei centri più piccoli.
Ridurre gli spostamenti inquinanti organizzando la mobilità e i sistemi di approvvigionamento in maniera diversa rappresenta senza dubbio una delle possibili soluzioni per migliorare il modo in cui le persone si percepiscono in relazione agli spazi che li circondano. L’utilizzo di cargo bike invece che di camion inquinanti per realizzare sistemi di consegna ecologici e vicini all’utente finale è una delle modalità che prende sempre più strada in un settore che ha poche grandi invenzioni ancora da concepire ma può agire in maniera forte sull’esistente, agendo sulle abitudini consolidate dei diversi anelli della catena.
Curare le persone dalla dipendenza dall’automobile: un assunto che diventa cardine di azioni e politiche strutturate e collaborative soprattutto nei centri di piccole dimensioni.

4) Rendere i giovani e gli anziani protagonisti del cambiamento del centro storico

I giovani e gli anziani sono due gruppi sociali inaspettatamente legati più di altri ai centri storici. I ragazzi non hanno l’auto e quindi il centro storico diventa parte della loro identità, con la conseguenza che se ci sono poche attività il desiderio principale diventa quello di scappare, di abbandonare il piccolo centro. Renderli protagonisti del futuro del luogo in cui vivono è la soluzione per evitarne la fuga. Il sindaco di Idrjia in Slovenia ha chiesto ai ragazzi del paese di indicare una serie di azioni da realizzare nelle diverse parti della città. Ci si aspettava che chiedessero di realizzare azioni confuse e caotiche e invece hanno chiesto di riappropriarsi degli spazi, di realizzare attività nelle piazze come spettacoli di musica e di ballo o giocare con lo skateboard. A dimostrazione che i giovani non rimangono in un posto solo se ci sono tanti bar ma se vengono lasciati liberi di fare le cose, come accaduto anche ad Amarante in Portogallo dove i giovani hanno potuto organizzare una settimana di eventi per la cittadinanza. “I giovani sono coloro che davvero realizzano il cambiamento nei centri storici” dice Wessel Badenhorst.
Dal canto loro invece gli anziani sono coloro che hanno smesso di guidare e quindi desiderano un accesso facile ai servizi, che se non vengono resi accessibili agli anziani costituiscono un elemento problematico anche per le famiglie e le altre fasce di popolazione.
Favorire i legami tra diverse fasce di popolazione attraverso programmi e iniziative che rinsaldano il senso di appartenenza al luogo in cui si vive e ne promuovono la qualità della vita, come il Playground Paradigm che Udine sta replicando in altre città medie in Europa, rappresenta una delle soluzioni per contrastare lo spopolamento e favorire la coesione sociale. Una urbanistica migliore riparte da luoghi e spazi progettati e condivisi con le persone: l’insegnamento di Jane Jacobs è ancora più valido nei centri in cui le diverse parti della popolazione devono necessariamente collaborare per mantenere in vita il ramo dell’albero su cui sono seduti.

5) Far diventare gli abitanti fieri del luogo in cui vivono

Creare fiducia tra le persone per cambiare la percezione collettiva dei piccoli centri storici è un’operazione politica e culturale che i processi partecipativi possono contribuire a rilanciare restituendo agli abitanti una fotografia più completa del posto in cui vivono. L’azione condotta nell’ambito degli URBACT Local Group e delle azioni di scambio con altre piccole e medie realtà europee ha favorito il posizionamento delle città attive sul tema del rilancio dei centri storici, offrendo possibili idee e soluzioni alla gestione dei centri storici ma anche alla loro promozione.
Se è vero che la storia di un piccolo centro non può essere cambiato, le tendenze e le prospettive di sviluppo futuro possono invece essere orientate anche a partire da un’azione di co-creazione che rende le persone protagoniste dei processi di cambiamento e di gestione dei centri storici. “Nessuno possiede le città” diceva Jane Jacobs e questo è quanto mai vero nei centri dove l’azione collettiva può condurre a una riappropriazione collettiva della governance in cui ciascuno può avere un ruolo decisivo. Rendere le persone orgogliose di partecipare allo sviluppo futuro della propria comunità rappresenta anche un elemento di valore e di orgoglio che favorisce la visibilità e l’attrattività dei piccoli centri, motore silenzioso di un’Europa che cresce grazie all’azione silenziosa di luoghi vitali e vibranti che offrono un contributo di visioni e di pratiche originali nel tempo delle grandi città.

Simone d’Antonio